9 Giugno 2025 | Tempo lettura: 6 minuti

Sentirsi comunità, decolonizzata e intersezionale, a manu pigada

Una riflessione di Federica Marrocu e Nicola Piu dell’ANS su identità, comunità e autodeterminazione, mediata dalla poesia sarda di Peppino Mereu

Autore: Redazione Sardegna che Cambia
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In breve

Cosa fa di un insieme di persone una comunità? La Sardegna offre una risposta complessa e stratificata: è terra di frontiera, di ibridazione, di ferite e possibilità.

  • Assemblea Natzionale Sarda (ANS) lavora per rivitalizzare i legami sociali attraverso lingua, storia e cultura, contro la retorica dello smarrimento identitario.
  • Il sentirsi comunità in Sardegna è un processo intersezionale e decoloniale, che resiste alla disgregazione prodotta dalla colonialità culturale.
  • ANS ha partecipato alla Queeresima 2024 con l’incontro “Chini ses? Sentirsi comunità”, da cui è nato un progetto di vocabolario inclusivo in lingua sarda.
  • Le identità marginalizzate (linguistiche, di genere, culturali) condividono uno stesso stigma: per superarlo servono narrazioni proprie, spazi condivisi e pratiche solidali.
  • Concetti come agiudu torrau dimostrano che esistono relazioni sociali non monetizzabili ma ecologiche, essenziali per il benessere territoriale.
  • Il prossimo appuntamento ANS sarà il 25 giugno 2025, con Sardegna che Cambia: “A Manu Pigada: Àndalas de Comunidadi”, alla Queeresima.

Cosa fa di un insieme di persone una comunità? Provare a rispondere a questa domanda è una sfida perché è facile cadere in una narrazione distaccata dalla realtà. Se si pensa alla Sardegna si capisce che quella geografica è solo una delle tante questioni in gioco: la Sardegna è una frontiera, una terra di confine, dove il confine stesso è ferita, dolore e spazio di possibilità e ibridazione. Anche il senso di comunità, come l’identità, non è innato ma è azione viva, frutto di scelte, fatta di desiderio, cura e scambio. È l’insieme dei rapporti tra individui, cementati dal legame con un luogo.

Assemblea Natzionale Sarda (ANS) intende lavorare per rivitalizzarli, per fare narrazione e pratica contraria rispetto alla retorica sullo smarrimento di valori. Lo vuole fare riportando al centro la lingua, la storia, la cultura della Sardegna, elementi troppo spesso relegati ai margini. Non per imporre una “sardizzazione” della realtà, ma per fare dell’appartenenza un collante e un megafono per istanze attuali.

Comunità: un dovere intersezionale

Ci sono tante comunità quanti sono i gruppi di persone che si riconoscono negli stessi valori. In un contesto come quello sardo, interessato da dinamiche di disparità di potere tra la cultura dominante e quelle autoctone, la difesa dei valori collettivi ha portato all’affermazione di un’identità comune basata anche sulla separazione e sulla divisione interna. Un processo di appartenenza tipico dei popoli negati che resistono alla rottura dei vincoli propri della società autoctona causata dalla colonialità. Le interconnessioni tra comunità sembrano essersi sfilacciate e la percezione della lontananza si è accentuata. La distanza, quando si parla di Sardegna, è un concetto relativo.

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Immagine di repertorio – Canva

In Sardegna il ragionamento sul sentirsi comunità non solo può essere decoloniale, ma deve essere intersezionale: deve cioè mettere in luce le pratiche di opposizione allo sfruttamento, alla disgregazione, alla dispersione dei valori collettivi. La logica coloniale impregna la sfera pubblica, ma è un fenomeno interno alla società e alla mentalità delle persone: agisce sui comportamenti quotidiani e limita le possibilità di emancipazione degli individui, specie delle categorie marginalizzate.

Servono partecipazione e concretezza ed è per questo che ANS partecipa alla Queeresima, progetto politico e culturale organizzato da ARC. Nell’edizione del 2024 è stata presente con un incontro dal titolo “Chini ses? Sentirsi comunità: torrai a su sardu est che torrai a domu”. Gli attivisti e le attiviste ant furriau diversi luoghi comuni sul sardo, mettendo in luce il legame tra la lingua, i luoghi, la storia, la cultura proprie e l’identità, personale, di genere e collettiva.

La sardofonia, l’identità sarda – così come l’omosessualità o l’essere persone straniere, la vecchiaia, la disabilità etc. –, hanno in comune il fatto di essere accompagnate da uno stigma e quindi vengono invisibilizzate. In questa condizione scaturisce la vergogna come aspetto individuale di un fenomeno sociale, generando nelle persone sentimenti di auto-rifiuto, di negazione di sé. Da qui la necessità di parlarne, di occupare spazi, di incontrarsi, di vederci come comunità nella comunità.

Ri-conoscersi in quanto sardi e sarde, è necessario per autodeterminarsi, a livello individuale e collettivo

Da quell’incontro, condotto in sardo e in italiano, è cominciata una collaborazione tra ARC e Assemblea Natzionale Sarda per costruire unu fueddàriu inclusivu: un vocabolario per permettere alle persone di affermare se stesse e parlare delle tematiche di genere, nella maniera più ampia possibile, anche in lingua sarda.

A Nanni Sulis P. Mereu
Sas testas chi si vantant d’haer sale suni fertas a bin’e non hant cura de pensar’a su bene soziale.
Su coraggiu zivile a sa paura s’est abbrazzadu: timet, ca est zegu, su frittu sognu de sa sepoltura.

E oggi?

Riappropriarsi delle proprie narrazioni è uno strumento per uscire dal torpore di una prospettiva esterna della nostra realtà, non a misura né a beneficio delle persone sarde. Ri-conoscersi in quanto sardi e sarde, è necessario per autodeterminarsi, a livello individuale e collettivo.

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Immagine di repertorio – Canva

I territori sono anche il risultato di pratiche collettive e non solo di forme di dominazione. Quella che abbiamo interiorizzato è una visione gerarchica e consumistica del funzionamento della società. Al lavoro sociale che produce, condivide, cura, autogestisce e difende le risorse comuni non si attribuisce il valore che merita. Il nostro dare valore si traduce banalmente in un certo quantitativo di denaro e invece esistono reti capaci di rivitalizzare e mantenere rapporti solidali essenziali per garantire il benessere delle persone e dei territori, soprattutto dove mancano servizi adeguati.

Per comprendere meglio, può essere utile recuperare il concetto di agiudu torrau: la capacità di scambiarsi beni, prodotti, capacità manuali e servizi senza l’uso di denaro. In Sardegna è un comportamento spontaneo resistente che va visto senza cedere alla tentazione di interpretarlo secondo lo stereotipo dell’ospitalità.

Il fatto che non si tratti di transazioni monetizzabili lascia la relazione aperta: dato che è impossibile pareggiare uno scambio non quantificabile, si va avanti aiutandosi reciprocamente. E in questo processo diventa cruciale anche proteggere l’ambiente dove le comunità esistono e resistono. In questo senso tali relazioni sociali sono anche ecologiche.

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Immagine di repertorio – Canva

Ecco perché è importante far emergere le iniziative dal basso che cercano di porre rimedio alle crisi che il nostro tempo ci sottopone. Occorre creare spazi di dialogo dove le lotte per l’autodeterminazione emergano nella loro complementarità perché non abitiamo comunità scollegate tra loro. Una comunità per essere reale deve saper far coesistere le differenze, ma anche essere capace di non lasciare indietro nessuno. “Comunità” non equivale a eredità: è una scelta che non può prescindere dalla conoscenza di sé e dall’ascolto delle esperienze degli altri popoli, delle categorie marginalizzate, delle persone nelle carceri.

E le “comunità nella comunità”, l’intersezionalità e i cammini condivisi, saranno il focus dell’incontro che Assemblea Natzionale Sarda organizza per la Queeresima 2025 con Sardegna che Cambia “A Manu Pigada: Àndalas de Comunidadi” il 25 giugno alle 18:00, al Fico d’India.

A Nanni Sulis P. Mereu
Tue, cando chi podes, duas rigas iscrie contr’a’ custos tirriosos, castiga sas anonimas pinnigas.
Unid’a sos pagos virtuosos, pro dare dezisiva una battaglia contr’a’ custos serpentes velenosos.
Sos pettos nostros dént esser muraglia, chi devimus opponner cun virtude, fortes, contr’a sa perfida canaglia.